C’era una volta… la crosta superficiale all’interno di un digestore

In questi anni, dove è particolarmente sentito il problema dell’inquinamento ambientale ed è elevata l’attenzione verso un utilizzo sempre più diffuso ed efficiente delle fonti di energia rinnovabili, un ruolo di rilievo è assunto dal biogas, vero e proprio biocombustibile gassoso (principalmente metano) prodotto dalla fermentazione dei residui organici vegetali o animali, grazie all’azione di alcune specie di batteri «amici».

La produzione di biogas, pensata in origine per recuperare residui di coltivazioni (stocchi di cereali e paglie), dell’industria agroalimentare (industria molitoria, industria dolciaria, ortofrutta, casearia) o dell’industria zootecnica (reflui di animali), utilizza oggi anche cereali coltivati allo scopo. Questi prodotti, le cosiddette «biomasse», vengono immessi in appositi sili (Digestori), dove i batteri svolgono la loro azione che può richiedere alcune settimane o anche mesi. Il gas generato è poi raccolto ed accumulato per essere in seguito impiegato per gli usi correnti.


BioBANG installato sull’impianto di biogas

Il rendimento (quantità di biogas ottenuta dalla biomassa) e l’efficienza (tempo ed energia necessari per completare l’intero processo) di un impianto dipendono da molti fattori, a cominciare dalla qualità della biomassa; un miglioramento notevole, tuttavia, si può conseguire, a prescindere da essi, se il materiale in ingresso è bene omogeneizzato ed il «digestore» è in condizioni perfette.

Qui entra in giuoco l’azione di BioBANG. Attraverso un particolare processo (tecnicamente chiamato «cavitazione controllata»), BioBANG rende più omogenea la biomassa, facilita l’azione dei batteri e consente un flusso regolare all’interno del digestore, evitando che il materiale già «fermentato» si depositi sul fondo e lungo le pareti e generi una «crosta» rigida, che può arrivare, se non viene rimossa per tempo, a bloccare e rompere gli agitatori.


Crosta superficiale all’interno del digestore

È il caso di una storica azienda agricola, proprietaria di un impianto per la produzione di biogas, che costituisce un esempio eloquente di come l’installazione e l’utilizzo corretto di BioBANG possa trasformare, nel breve termine, un grave problema di gestione dell’impianto in un’opportunità per un miglioramento tecnologico e la generazione di capitali.

Quest’azienda, la cui attività principale è l’allevamento di bovini e suini, ha installato da diversi anni, con notevole lungimiranza tecnologica, un piccolo impianto per il trattamento dei liquami aziendali (reflui di animali) e di mais appositamente coltivato. Tuttavia, già pochi mesi dopo l’installazione, l’impianto comincia a non raggiungere più i livelli di efficienza previsti, che fino ad allora aveva egregiamente ottenuto; in altre parole, per produrre la stessa quantità di biogas, ci mette più tempo e auto consuma più energia per la miscelazione. All’inizio, si tratta di una flessione lieve, che non altera i piani dell’investitore e soprattutto consente ancora di fornire ben più energia di quella necessaria per il consumo interno. Così, si considera il minor rendimento come un normale scostamento dai valori di targa, comune a tutte le apparecchiature elettro-meccaniche, ed il problema viene accantonato.

Con l’andare del tempo, però, le prestazioni continuano a scendere, seppur lentamente, l’impianto comincia a subire alcuni piccoli guasti, per la qual cosa si decide di eseguire un intervento di riparazione interno. I tecnici cominciano ad osservare l’esistenza di un sottile strato superficiale di biomassa solidificata, che si è formato sul fondo e lungo le pareti del digestore e, tuttavia, stabiliscono che il fenomeno è da considerarsi «normale» (o, quanto meno, «inevitabile») e che basterà eseguire, nel momento in cui il sistema non garantisca più nemmeno il consumo interno, un intervento generale di manutenzione e pulizia.

Ma i fatti prevengono le decisioni e, ad Aprile 2016, con una prestazione media di soli 220 kW, a fronte dei 550 kW di targa (che, tuttavia, l’utilizzatore considera ancora accettabili!), l’impianto, d’improvviso, si guasta.

Si chiamano di nuovo i tecnici, i quali riscontrano che, all’interno del digestore, si è formata una crosta superficiale alta più di 2 metri, che ha causato la rottura dell’agitatore centrale. L’unica strategia possibile, in grado di eliminare la crosta e ripristinare il funzionamento regolare dell’impianto, sarebbe stata quella di fermare l’impianto, aprire il digestore, svuotarlo del suo contenuto, rimuovere meccanicamente la crosta, sostituire l’agitatore centrale e poi ripartire. Un intervento costoso, lungo e non esente da rischi, in quanto l’azione meccanica di rimozione della crosta avrebbe potuto ledere l’integrità delle pareti. Oltretutto, non risolutivo: il problema, infatti, si sarebbe potuto ripresentare in meno di un anno.

Un vero incubo ad occhi aperti.

È così che, all’inizio di Maggio 2016, l’azienda, che aveva già sentito parlare del cavitatore, ma non l’aveva mai installato, decide di rivolgersi a BioBANG. Dopo un’attenta analisi, si decide di non rimuovere meccanicamente la crosta, installare da subito BioBANG in ricircolo, evitando, almeno in una prima fase, anche di aprire il digestore e sostituire l’agitatore meccanico rotto.

Era una sfida: se BioBANG fosse riuscito a sciogliere la crosta superficiale, senza nessun altro intervento esterno, avrebbe risolto il problema, mantenendo inalterati i vantaggi operativi e finanziari dell’investimento, ripagando immediatamente il proprio costo ed ottenendo da subito il massimo dell’efficienza operativa, i famosi 550 kW.

Già qualche giorno dopo l’installazione di BioBANG, la crosta superficiale comincia a diminuire; nell’arco di quindici giorni la variazione di spessore è sensibile e, dopo soli 2 mesi di utilizzo, la crosta è completamente eliminata.

Crosta Superficiale
inizio Maggio 2016
Crosta Superficiale
fine Maggio 2016
Crosta Superficiale
inizio Giugno 2016

Durante la «cura» BioBANG, il proprietario non ha mai spento l’impianto, che ha continuato a produrre regolarmente biogas, con un aumento di efficienza graduale ma costante. Grazie a BioBANG, il proprietario ha anche potuto cambiare l’alimentazione con matrici più fibrose, che costano meno, ma che, con i sistemi tradizionali, sono anche meno efficaci. BioBANG, infatti, è l’unica tecnologia in grado di trattare e pretrattare tutte le biomasse, per una digestione rapida e completa, e consente di risparmiare fino al 20% sul carico giornaliero.

BioBANG è stato in grado di eliminare completamente e in tempi brevi uno dei problemi più critici e diffusi negli impianti di produzione di biogas: la crosta superficiale all’interno di un digestore. L’azione di BioBANG, che trasferisce il 100% di energia anche ai materiali meno pregiati, ha migliorato miscelabilità, viscosità e pompabilità delle biomasse, aumentando in modo stabile la resa energetica dell’impianto dai 220 kW iniziali fino ai 550 kW di targa. In tal modo, il proprietario non solo ha risparmiato tutti i costi che sarebbero derivati dal fermo impianto e dalle operazioni di apertura del digestore, rimozione del materiale compromesso, sostituzione dell’agitatore e soprattutto di riavviamento biologico,, ma ha anche ottenuto un maggiore guadagno, raggiungendo il massimo rendimento con il minimo tempo ed investimento.

Attualmente, BioBANG continua a trattare efficacemente le biomasse nell’impianto del proprietario, diminuendo il carico giornaliero, evitando la formazione delle croste superficiali, riducendo il consumo energetico dell’impianto e garantendo la massima produzione di gas. Il tutto in modo assolutamente unico.

Grazie a BioBANG, d’ora in poi l’incipit di una storia si può utilizzare per scrivere la sua conclusione: C’era una volta… la crosta superficiale all’interno di un digestore.


Digestore a fine Giugno 2016